giovedì 23 luglio 2015

Infanzia di Tatsuo

Dopo la scuola, sulla via del ritorno, passavo per la strada più lunga per arrivare alla centrale
elettrica, giravo intorno e sotto i pali della luce dove gli elettricisti lavoravano continuamente
sistemavano i cavi, i ripetitori e i collegamenti elettrici. I cavi tagliati cadevano liberamente, e noi
raccoglievamo i cavi caduti della giornata di lavoro dell’elettricista sul palo. Erano i fili elettrici di
rame massiccio, e poi quando incontravamo il compratore di rottami, li vendevamo per andare a
comperare al negozio dei dolci a buon mercato.
Un giorno i rottamatori ci hanno chiesto di trovare il metallo d’alluminio perché con la guerra
appena passata il prezzo del metallo era salito alle stelle, uno yen giapponese d’alluminio come
prezzo del metallo costava più della stessa moneta.
Così noi bambini terribili dopo la scuola iniziavamo a fondere le monete per venderle al
compratore comunque in Giappone c’era una legge che vietava di fondere le monete, perché le
monete e le banconote appartengono allo Stato. Quindi dopo un po' il rettore della scuola
annunciò ai genitori un ordinamento scolastico che vietavano alla scolaresca di fondere le
monete.
Io avevo sei anni. Ho dovuto passare il tempo anemico in modo diverso dopo la scuola.
Mia madre era ancora giovane e bella. La loro generazione andava spesso alla sala di ballo,
con la musica americana. Così mi portò alla sala di ballo con le sue amiche… non tutte le donne
giapponesi sapevano ballare, nell’angolo della sala insegnavano anche il ballo, noi bambini
restavamo fuori, sedevamo sulla sedia con le spalle al muro.
Sul pavimento di parquet erano disegnati con colore bianco di smalto i passi del ballo con le linee
con freccia, somigliava ad un gioco delle nostre amiche che si chiamava: campana.
Avevano passi geometrici per riprendere la pietra gettata.
Uno due tre quattro cinque sei
Uno due un due tre quattro cinque sei
Uno due tre..
uemon
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Giovanni Albanese, Tatsuo Uemon Ikeda,

Patrizia Speciale
Photo copyright (c)2015 Roman Zeppegno
Senzatomica: Trasformare lo Spirito Umano per un mondo libero da armi nucleari
Una grande mostra sul disarmo nucleare a Roma

TRE ARTISTI PER LA PACE
Renato Mambor, Giovanni Albanese, Tatsuo Uemon Ikeda
a cura di Guglielmo Gigliotti e Ada Lombardi

Inaugurazione Martedì 28 Aprile 2015 alle ore 18.30

Spazio Factory - La Pelanda
piazza Orazio Giustiniani, 4
(ex mattatoio di Testaccio)
Ingresso gratuito

Pensieri nativi: quadro scenico di Renato Mambor (Lettura di Paola Lorenzoni)
Tanti auguri: opera performativa di Giovanni Albanese
L’infanzia di Tatsuo: installazione di Tatsuo Uemon Ikeda (Lettura di Francesca Picozza)

ore 16 inizio dell’installazione del filo rosso di Tatsuo Uemon Ikeda
ore 16.30 presentazione delle tre performances di Ada Lombardi
ore 17 “Pensieri nativi” quadro scenico di Renato Mambor
ore 17.30 “Tanti auguri” opera performativa di Giovanni Albanese
ore 18 “L’infanzia di Tatsuo”di Tatsuo Uemon Ikeda

Inaugurazione ore 18.30

Replica della presentazione di Ada Lombardi e delle performances degli artisti
ore 19 “Pensieri nativi” quadro scenico di Renato Mambor
ore 19.30 “Tanti auguri” opera performativa di Giovanni Albanese
ore 20 “L’infanzia di Tatsuo” di Tatsuo Uemon Ikeda

Da un'idea di Ippolita d'Ayala Valva e Marta Bianchi.
In collaborazione con l'Archivio Mambor.
Con il patrocinio della Fondazione Italia Giappone

TRE ARTISTI PER LA PACE
Renato Mambor, Giovanni Albanese, Tatsuo Uemon Ikeda

Solo gli infelici fanno la guerra. Coloro che coltivano quella parte della vita profonda in cui alberga naturale serenità, coloro che lavorano tutti i giorni per alimentare il proprio lato ampio e libero, non sanno fare la guerra. La meditazione, la preghiera e tutte le arti sono strumenti escogitati dall’uomo per entrare in contatto con la condizione di elementare bellezza della realtà, quando è colta nella sua sostanza più vera e più viva.
La guerra è infatti solo l’epifenomeno storico più evidente e tragico di una condizione di conflittualità implicita alle pratiche umane comuni: la guerra germoglia in epoca di pace. Lavorare per la pace è lavorare soprattutto su se stessi, affinché il nostro sguardo sul mondo si faccia terso, e captare della realtà quella intrinseca armonia che la rende un’opera d’arte infinita.


Guglielmo Gigliotti

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